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Italia, Cassa Depositi e Prestiti Investimenti tra social housing e privatizzazione del patrimonio pubblico, con i soldi dei risparmiatori postali

Il sito internet spiega che “CDP INVESTIMENTI SGR  OPERA A SOSTEGNO DELLE POLITICHE ABITATIVE SOCIALI E NELLA VALORIZZAZIONE DEL PATRIMONIO PUBBLICO”. Poco più sotto, l'albero genealogico aziendale descrive i due strumenti a disposizione della società, che è controllata con il 70 per cento da Cassa Depositi e Prestiti, la spa partecipata all'80% dal ministero del Tesoro che gestisce (e investe) il risparmio postale dei cittadini italiani, complessivamente circa 240 miliardi di euro. Gli altri azionisti sono l'Associazione Bancaria Italiana e ACRI, l’associazione che riunisce Fondazioni bancarie e Casse di risparmio.

Le operazione di valorizzazioni sono gestite dal Fondo Investimenti per la Valorizzazione (FIV): è nato, nel 2012, per “stimolare e ottimizzare i processi di dismissione di patrimoni immobiliari degli enti pubblici”, e “che presentino un potenziale di valore inespresso, per esempio legato al cambio d’uso, alla messa a reddito, alla vendita frazionata, e un mercato di sbocco” come spiega il sito istituzionale. Nel mese di dicembre 2013, ha sottoscritto contratti per l'acquisto di 7 immobili di proprietà di sei enti locali -per 190 milioni di euro*- e di una quarantina di beni di proprietà dell'Agenzia del Demanio, per altri 300 milioni di euro. Nel fondo FIV, complessivamente sono stati investiti 825 milioni di euro.

Social housing : incompatibile con la necessità di fornire case popolari accessibili

Più ricco, invece, è il Fondo Investimenti per l'Abitare (FIA), sottoscritto per 2 miliardi e 28 milioni di euro (di cui 1 miliardo sottoscritto da Cassa Depositi e Prestiti, 140 milioni dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e 888 milioni da parte di gruppi bancari e assicurativi e di casse di previdenza privata).

Parlarne, ci porta ad affrontare direttamente il problema dell'accesso alla casa. In un’intervista in merito ai programmi di edilizia sociale privata (social housing) che ha rilasciato alla rivista Altreconomia Sergio Urbani, condirettore generale di CDPI Sgr, ha dichiarato : “Il rendimento necessario [per promuovere un’iniziativa di housing sociale] non è compatibile con l’edilizia residenziale pubblica” . 
Ha detto, in parole povere, che le risorse di cui il Fondo è dotato non sono compatibili con l’esigenza di garantire il diritto alla casa, di rispondere a un fabbisogno stimato - al 2018 - di 2 milioni di alloggi popolari in tutta Italia.

La differenza tra la vecchia edilizia residenziale pubblica e il social housing  l’ha riassunta il presidente di CDP Investimenti (e Direttore generale di Cassa Depositi e Prestiti) Matteo Del Fante in un’audizione informale l’8 maggio 2012 alla commissione Ambiente della Camera dei Deputati: “I criteri di investimento del Fondo Investimenti per l’Abitare prevedono […] che il rendimento atteso sia nell’ordine del 3% oltre all’inflazione” . È se è vero che già una delibera della Corte dei Conti (è del dicembre 2011) censura l’efficacia, l’efficienza e l’economicità delle azioni intraprese tramite il Fondo, secondo Del Fante ciò è dovuto alla “difficoltà di identificare progetti di investimento che presentino una redditività in linea con gli obiettivi” .

Il caso Parma Social House : partnership pubblico-privata per garantire gli investitori, non il fabbisogno di case popolari

Prendiamo ciò che è accaduto a Parma. Nella città emiliana sono aperti i cantieri di Parma Social House, il “primo progetto cofinanziato” dal FIA con un investimento (previsto) di 137,5 milioni di euro per la realizzazione di 852 alloggi. Solo il 30%, però, sarà destinato (davvero) all’affitto a canone sostenibile. La “social house” quindi resta solo e soltanto nel nome del promotore, i cui azionisti sono diverse società di costruzione private e cooperative. Tra gli investitori di questa partnership pubblico-privata, figurano anche il Comune di Parma (tramite STT Holding), CDP Investimenti Sgr, Fondazione Cariparma, Coopfond-Legacoop. Il processo di sviluppo immobiliare, che ha ricevuto un contributo a fondo perduto di circa 3 milioni di euro da parte di Regione Emilia Romagna, è gestito da Polaris Investment Italia Sgr spa.

Quando Altreconomia  ha chiesto informazioni a Polaris, il fondo ha rimandato al proprio sito. Solo sulla scelta del “mix funzionale”, la percentuale cioè di case in vendita e in affitto, la società di gestione del risparmio ha spiegato in modo evasivo che “sta alla base della sostenibilità del progetto a livello di business plan” . Ciò significa che fare case popolari non garantirebbe loro una rendita adeguata, e perciò - anche se ve ne sarebbe bisogno - non saranno loro a farle.

FIA: briciole per le case popolari, ma il business è sulle aree dismesse

Da quanto sta accadendo a Parma, possiamo trarre alcune considerazioni di carattere generale: nonostante l’enorme patrimonio edilizio a disposizione, compresi i quasi 700mila alloggi costruiti negli ultimi dieci anni e mai venduti (per saperne di più leggi il libro “Salviamo il paesaggio!” , Altreconomia, 2013), il 79% degli interventi di housing sociale in tutta Italia riguarderebbe nuove costruzioni. Inoltre, la maggior parte degli immobili non verranno destinati alla locazione “a canone sociale”: il 65% delle case verrà venduto a prezzo “convenzionato” e affittato “con patto di futura vendita”, e solo il 35% degli appartamenti - in media - daranno risposta all’esigenza di case permanente in affitto e a canone calmierato.

Le risorse raccolte da Fondo Investimenti per l’Abitare (FIA) ammontano ad oggi a 2 miliardi e 28 milioni di euro: 1 miliardo l’ha messo CDP, 140 milioni il ministero e 888 milioni “primari gruppi bancari, assicurativi ed enti previdenziali” , la cui identità però non può essere resa nota. Il mandato del Fondo è di affiancare investitori privati, garantendo fino all’80% delle risorse necessarie per avviare i progetti di edilizia privata sociale. “Privati” che sono, però, quasi sempre gli stessi: sul sito di CDPI è presente un elenco che comprende 14 dei 15 fondi immobiliari locali “attivati”. Ben sei sono gestiti da un unico soggetto, Polaris Investment Italia sgr, e hanno un obiettivo di raccolta complessivo di oltre 800 milioni di euro. Polaris Italia è controllata al 100% dalla società di diritto lussemburghese Polaris Investment S.A., il cui azionista di riferimento è la Fondazione Cariplo (il cui presidente, Giuseppe Guzzetti, è anche presidente di ACRI, l’associazione di categoria delle fondazioni bancarie, partner di CDP in CDP Investimenti), che controlla il 48%; un altro 32% è in mano a investitori istituzionali, il 20% di enti ecclesiastici.

C'è un paradosso: dalla sua nascita, il FIA ha contribuito -in tutto il Paese- alla realizzazione di solo 560 alloggi; 1.400 sono quelli in fase di realizzazione e circa 500 quelli in fase di avviamento. Pochi, rispetto alla risorse a disposizione.

L’espansione delle iniziative di housing potrebbe partire dalla Lombardia, con interventi di trasformazione dagli scali ferroviari “dismessi” dalle Fs, altra società controllata dal ministero del Tesoro. 
Il 28 marzo 2013, infatti, CDPI Sgr e Ferrovie dello Stato, proprietaria delle aree, hanno stipulato una “lettera di intenti” riferito alle aree edificabili presso Lambrate (70mila metri quadrati in totale), Greco-Breda (72mila) e Rogoredo (21mila), tutte a Milano, visto l’interesse della prima a costruirvi alloggi “sociali”. Il Fondo di CDP potrebbe contribuire alla realizzazione di mille appartamenti - “con affitti anche inferiori ai 500 euro al mese” , riferisce Urbani - dove la pura edilizia residenziale pubblica rappresenta il 5%. Il valore delle aree che Fs si è impegnata ad “apportare” è riservato (“ne parli con CDP Sgr” , ci hanno suggerito da Fs Sistemi Urbani)**.

* Tra questi, due ex ospedali e un teatro, immobili da “valorizzare” sfruttando le possibilità offerte dagli enti che ne hanno modificato la destinazione urbanistica, http://www.altreconomia.it/site/fr_contenuto_detail.php?intId=4481

** Tratto, in parte, dalla stesura del libro “La posta in gioco”, di Luca Martinelli e Antonio Tricarico (Altreconomia edizioni, 2013)

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